Ormai Papa Bergoglio ci ha abituati alle sue innovazioni formali, che tanto entusiasmano i credenti, nonché i media nostrani. Baci, abbracci, carezze, che avevamo già visto dispensare a piene mani dal suo non immediato predecessore Giovanni Paolo II, impallidiscono di fronte alle innovazioni massmediatiche del papa francescano: il Papa che sale la scaletta dell'aereo portandosi la borsa; o che telefona personalmente a illustri sconosciuti che gli avevano inviato una lettera (debitamente corredata di numero di cellulare...) e, per il momento, pare che questa escalation si sia momentaneamente conclusa con la risposta data ai quesiti posti da Eugenio Scalfari. Il nume tutelare del laicismo nostrano aveva infatti indirizzato qualche settimana fa al Sommo Pontefice, dalla colonne di La Repubblica, alcune educate domande sulla vexata quaestio del rapporto tra ateismo e fede.
Anche questa volta il Papa non si è smentito! Non solo ha risposto, ma, diversamente dai suoi predecessori, che avevano sempre posto l'accento sulla impossibilità per chiunque di salvarsi al di fuori dell'abbraccio di Santa Madre Chiesa, Papa Bergoglio ha innovato con una presa di posizione non da poco! Rivolgendosi direttamente a Eugenio Scalfari, il Papa scrive:
Mi pare che ciò che Le sta a cuore è capire l’atteggiamento della Chiesa verso chi non condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che — ed è la cosa fondamentale — la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male.Non c'è dubbio che queste parole aprano, rispetto alla tradizionale visione teologica della questione, una via nuova. La risposta del Papa sembra, infatti, delineare un rinnovato tentativo di instaurare un dialogo con chi non crede, fondato su basi nuove: per la prima volta sembra infatti che si giunga al riconoscimento della pari dignità tra chi ha fede e chi non ce l'ha! Tutti i tentativi esperiti in passato sono invece naufragati a causa della pre-condizione più o meno esplicitamente anteposta al riguardo: la gerarchia ecclesiale ha cioè sempre pensato che un dialogo fosse possibile soltanto con quei non credenti che, impantanati nel pensiero relativista, e riconoscendo impossibile giungere a una verità assoluta, per ciò stesso dovevano almeno implicitamente ammettere la superiorità della fede, che quella verità assoluta, invece, assicura!
Sono testimonianza di questo fallimento sia la tormentata vicenda del papa teologo, Ratzinger, che aveva tentato di far assurgere agli onori della speculazione teologica i preambula rationis della fede, e sia, infine, l'indifferenza con la quale il mondo laico nostrano accolse, facendola velocemente scivolare nell'oblio, l'opera teologica forse più importante mai scritta in quest'ultimo secolo: mi riferisco all'Enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Non a caso lo stesso Papa Francesco, facendo seguito alla sollecitazione di Scalfari, affronta appunto questo tema:
In secondo luogo, mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità «assoluta», nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant'è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt'altro Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: «Io sono la via, la verità, la vita»?La questione della verità, che è la questione cardine di tutta la storia della filosofia, è individuata, correttamente, dal Papa come la questione-chiave! Ciò che mi preme qui stabilire è, però, se essa sia affrontata in modo corretto e razionalmente convincente non solo da Scalfari, ma anche dal Papa! Ovviamente non potrò addentrarmi in una discussione filosofica molto approfondita. Mi limiterò, piuttosto, a evidenziare alcune obiezioni logiche, che però ritengo siano di per sé sufficienti per far emergere ciò che rimane inconsapevolmente occultato dalle affermazioni apodittiche, caratteristiche sia di Scalfari che del Papa.
In questa breve disamina partirò dal fondatore de La Repubblica. Chi, come Scalfari, crede che non esista la verità assoluta (che è infatti considerata abituale appannaggio della fede), ma soltanto una ricerca infinita nel mare aperto delle verità relative, cade inconsapevolmente in contraddizione, poiché non si rende conto di affermare precisamente ciò che vuol negare! Infatti, che cosa si vuol dire esattamente quando si afferma che "la verità assoluta non esiste"? Oppure, in positivo, che "esistono soltanto verità relative"? Basterà esplicitare queste due frasi, affinché esse rivelino il loro reale significato. Esse, infatti, dicono, rispettivamente, questo: "è una verità (assoluta) che la verità assoluta non esiste"; ovvero: "è una verità (assoluta) che esistano soltanto verità relative"!
Come si sarà notato, in entrambe i casi si sta cioè riconoscendo implicitamente vero l'esatto contrario di quanto, invece, si voleva esplicitamente negare! Questo semplice esempio dimostra, perciò, che se si insiste col negare l'esistenza della verità assoluta lo si potrà fare soltanto cadendo - senza avvedersene! - in contraddizione con se stessi, cioè soltanto affermando un'altra verità, opposta, ma non per questo meno assoluta di quella che si intendeva negare, poiché negare l'esistenza della verità significa affermare: "E' vero che non esiste la verità!"
Veniamo al Papa. Egli afferma che la verità assoluta (= absolutus = sciolto) non va considerata, come abitualmente avviene, e come la traduzione del termine latino suggerisce, come "sciolta", poiché un vero credente la dovrebbe piuttosto sempre intendere come "una relazione" a qualcosa: ma qui salta subito agli occhi la contraddittorietà dell'argomentazione! Come si fa a considerare ciò che deve essere, per definizione, ritenuto "sciolto", o "libero", realmente tale soltanto quando è in relazione ad altro? Tuttavia, dopo averla identificata, sorvoliamo elegantemente su questa prima difficoltà logica...
Passiamo invece alla domanda logicamente conseguente: con che cosa la verità assoluta deve essere "in relazione"? La risposta del Papa è che essa è sempre in relazione con l'amore di Dio, mediato da Gesù Cristo! Domanda: è possibile considerare vera una verità non totalmente razionale, in quanto dipendente dalla fede, ovvero condizionata da qualcosa che in realtà è razionalmente insondabile?
Quindi se è vero che il pensiero laico giunge abitualmente alla conclusione (che è però del tutto erronea) che non esista la verità assoluta, ora dobbiamo constatare che questa è una conclusione che esso condivide anche con il pensiero religioso: perché per entrambi - ed è questo il secondo aspetto fideistico della medesima questione che li accomuna - la ragione umana è affetta da limiti insormontabili! Anzi, la religione rivendica apertamente questa conclusione, considerandola la più piena ed evidente prova della necessità, da parte dell'uomo, di ricorrere alla luce della fede!
Come dicevo più sopra quelle qui esposte sono soltanto delle (piccole) obiezioni logiche, che scalfiscono appena la superficie dei problemi implicati dal rapporto tra fede e ragione, senza tuttavia poter offrire una soluzione effettiva. Ciò ovviamente non significa che una soluzione non esista: ma, a questo punto, per comprendere quale tra fede e ragione sia la migliore candidata per risolvere il problema della verità, e sfuggire così al relativismo imperante sia nel mondo laico che in quello religioso, mi corre l'obbligo - chiedendo preventivamente scusa per la brutalità del gesto - di rimandare allo studio della filosofia speculativa di Hegel, a partire dalla Scienza della Logica...
Tuttavia, per non lasciare al lettore una vaga sensazione di vuoto o di smarrimento, e per tentare almeno di offrirgli il bandolo della matassa, ricorderò qui la soluzione che il giovane Hegel dette alla questione sin dalla sua prima Tesi di dottorato, che è la seguente: "contradictio est regula veri, non contradictio falsi" ("la contraddizione è la regola della verità, la non contraddizione [è la regola] del falso"). Da qui partirà tutta la speculazione hegeliana successiva, che approderà, alcuni decenni più tardi, alla Grande Logica!
Buona lettura!
Per chi volesse leggere la lettera del Papa, qui il link:
http://www.blogo.it/news/politica/redazione/46387/la-lettera-di-papa-francesco-a-repubblica-dialogo-coi-non-credenti/