Sul
finire del XIX secolo si assiste in Europa ad un radicale cambiamento delle
idee dominanti tra le élite
intellettuali del continente: dopo la grande epopea positivista, nell’arco di
pochi anni si assiste a un rovesciamento completo dei suoi valori. Tutti i
principi e i valori sui quali si era basato il Positivismo vengono
progressivamente criticati e abbandonati, a favore di una nuova concezione di
pensiero che nel frattempo si è fatta strada: il nichilismo (dal latino nihil = nulla).
Per
comprendere i motivi più profondi che condurranno a una simile rivoluzione dobbiamo
necessariamente riferirci alle trasformazioni sociali ed economiche che
investono l’Europa (e il mondo intero) in questo stesso torno di tempo: saranno
infatti tali trasformazioni la causa immediata che ci consentirà di comprendere
la loro genesi.
Sappiamo
che nell’ultimo quarto del sec. XIX l’Europa è investita da una lunga depressione economica, che mette a dura prova, laddove esistono, le
fragili strutture politiche liberali degli Stati europei. La crisi economica
avrà profonde ripercussioni sociali e politiche: grande affermazione dei
movimenti politici e sindacali di ispirazione socialista; rivolte di massa
contro una struttura statuale vissuta come oppressiva, e interpretata dalle masse
sempre più politicizzate come espressione della difesa dei privilegi della
classe borghese dominante. La “crisi di fine secolo”, che investirà l’Italia
nell’ultimo biennio dell’800, ne è un esempio eclatante.
Col
diffondersi della crisi economica viene dunque meno uno dei pilastri fondamentali
del pensiero positivista: la fiducia nel progresso, a cui era
correlata la certezza che il domani sarebbe stato migliore dell’oggi. Tale cieca fiducia è invece minata dal fatto
che ogni giorno si fa esperienza di una situazione diametralmente opposta: il
futuro è ormai visto con crescente angoscia e con sempre più motivato timore.
Come
si traduce tutto questo in campo filosofico?
L’esito
è piuttosto scontato: se i valori sui quali la società europea si era fondata
per gran parte dell’Ottocento si erano rivelati fallaci, era evidente che a
questo punto essi dovessero essere abbandonati, in quanto avevano ormai
rivelato la propria erroneità di fondo. Ma il punto è questo: da quali altri valori sarebbero stati sostituiti? Approfondiamo questo
passaggio essenziale, facendo un passo indietro.
Nel
suo Cours de philosophie positive, A.
Comte aveva affermato che l’intera storia umana poteva essere riassunta in tre stadi successivi:
1)
Religioso
2)
Metafisico (o
filosofico)
3)
Positivo (o
scientifico).
Se intorno alla metà dell’800 Comte auspicava che
l’umanità entrasse di gran carriera nell’ultimo stadio, quello positivo o
scientifico, assicurandosi così un radioso futuro, la fine dell’Ottocento vede,
invece, come abbiamo detto, il tramonto di questa ipotesi, rivelatasi illusoria
e fallace. A chi dobbiamo questa nuova
consapevolezza? Al filosofo tedesco F.
Nietzsche (1844-1900).
Per la precisione: la Religione
aveva subito una prima profonda critica ad opera dell’Illuminismo settecentesco: le “verità” di fede non avevano infatti superato
il vaglio della Ragione, poiché non erano razionalmente dimostrabili e perciò
potevano essere accettate soltanto – appunto – per fede. Tale critica si approfondirà ulteriormente nella prima metà
dell’800 grazie all’idealismo filosofico tedesco, in particolare con G.W.F.
Hegel (1770-1832) e, successivamente,
grazie ai suoi epigoni materialisti: L.
Feuerbach (1804-1872) e K. Marx (1818-1883).
In
secondo luogo, la stessa Filosofia, che era stata la
protagonista della messa in crisi del pensiero religioso, sarà a sua volta inevitabilmente
coinvolta in una crisi di identità a causa del trionfante pensiero scientifico,
che ogni giorno dimostrava praticamente
le verità delle proprie teorie, condannando come speculazioni astratte, e prive
di valore reale, le astruserie teoriche dei filosofi.
Ma proprio quando sembrava che il trionfale
cammino della scienze non dovesse avere più termine, giunge inopinata, come si
è detto, la crisi!
In realtà è appunto il continuo
rivoluzionamento delle teorie scientifiche che porta a dubitare delle verità di
cui esse si dicono portatrici: e questo è meno paradossale di quanto a prima
vista possa apparire!
Se con lo sguardo analizzassimo la Scienza nel suo insieme, cioè non come una semplice raccolta di teorie che si sommano le une alle altre, bensì come una storia di tali teorie, allora vedremmo che ogni epoca
storica è stata caratterizzata da una determinata teoria scientifica: tale cioè
che le sue verità erano le uniche considerate valide in quel dato momento (poiché avevano ottenuto
delle verifiche sperimentali) e, per ciò stesso, indiscutibili! Ogni
scienziato, infatti, nel formulare la propria teoria, non si sognerebbe mai di affermare: questa
mia teoria vale sino al giorno x; quanto piuttosto: con questa teoria io spiego
come va il mondo, ora e sempre, dimostrandolo sperimentalmente! Una teoria, cioè, è scientifica appunto perché le sue leggi sono universalmente ed eternamente
valide! Altrimenti non sarebbe una teoria scientifica! E tuttavia noi sappiamo
che, col passare del tempo, bene o male tutte
le teorie scientifiche (che si ritenevano eterne) sono state confutate da nuove teorie, e soppiantate da queste
ultime. Ovviamente anche le nuove
teorie pretenderanno per sé il carattere di assolutezza
e universalità erroneamente preteso
dalle precedenti teorie.
In altre parole, con il pensiero
scientifico siamo in un certo senso periodicamente costretti, come in un
gigantesco, quanto perverso, gioco dell’oca, a ritornare alla casella di
partenza e ricominciare tutto daccapo!
Colui che per primo si rese conto del relativismo insito nelle verità
scientifiche fu, appunto, F. Nietzsche. La sua concezione nichilista discende
appunto dalla constatazione (angosciosa) che l’uomo moderno si trova di fronte
alla necessità di dover fare i conti con questa cruda verità: sono ormai venute
meno tutte le verità (religiose, filosofiche, scientifiche); tutti i “valori”
nei quali l’uomo aveva sino a quel momento creduto si sono rivelati delle pie
illusioni, cioè delle costruzioni teoriche partorite dalla mente umana non allo
scopo di comprendere il mondo, bensì per (tentare di) dominarlo. In altri termini
si tratta di teorie antropomorfiche
(cioè fatte a somiglianza dell’uomo, loro creatore, e non, come si era sino ad
allora creduto, “oggettive” o “naturali”) con le quali l’uomo ha tentato di soggiogare
il mondo. Esse pertanto non sono altro che l’espressione della “volontà di
potenza” che l’uomo dispiega sul mondo;
un dominio che però è del tutto illusorio, appunto perché quelle teorie non
sono “vere”, bensì, al massimo, sono semplicemente “utili”, e lo sono, peraltro,
soltanto per un periodo limitato di tempo!
Chi è l’uomo che potrà sopportare di convivere con
questa amara verità? Sarà, secondo Nietzsche, il Superuomo (Ubermench), il quale, dall’alto della
sua “sapienza” potrà guidare (e/o dominare) gli uomini-gregge ancora succubi
delle credenze religiose, filosofiche o scientifiche…
Una teoria, questa, che troverà la sua tragica
apoteosi col nazismo…
Ma torniamo a noi…
Dunque, poiché ogni tentativo che l’umanità ha
esperito nel corso della sua intera storia per comprendere la realtà
circostante si è rivelata un’illusione, all'intellettuale nichilista non rimane
altro che riabilitare e dare nuova credibilità a quanto sino ad allora era
stato oppresso e screditato, in particolare dalla scienza: cioè ormai non rimane
che rivolgere il proprio sguardo al dato della propria coscienza, le cui
sensazioni (e/o percezioni) sono le uniche che hanno valore, in quanto
suffragate dalla “certezza” che ognuno ha dei propri stati di coscienza. Da qui
parte il simbolismo francese che sarà l’antesignano di una nuova
corrente letteraria che, ancora una volta, prenderà le mosse dalla Francia per
poi estendersi all'intero continente: il Decadentismo.
Lo so ....alla fine fidarsi delle proprie sensazioni è sempre la cosa migliore
RispondiEliminaprobabilmente Freud non sarebbe stato di questo parere.... ;)
RispondiEliminaAh no , credo proprio di no :)))
RispondiElimina:)
RispondiEliminaPuò mai essere che Freud non abbia mai letto Nietzsche ?
RispondiEliminaIo non ci credo
Può mai essere che Freud non abbia mai letto Nietzsche ?
RispondiEliminaIo non ci credo
Così a naso direi che è difficile, ma dovrei controllare sulla biografia di Peter Gay... In ogni caso credo che L'avvenire di un'illusione di Freud possa darci qualche traccia...
RispondiEliminaNon ho studiato filosofia , però mi piace anche se è un po' difficile
RispondiEliminaCiao e grazie :)
ciao, grazie a te!
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