Una prima riflessione
sul titolo: “La buona scuola – Facciamo crescere il Paese”.
Per iniziare, non possiamo
far a meno di notare quanto sia singolare il fatto che la proposta di
“riforma” della scuola partorita dall’attuale Governo, porti un titolo non
burocratico, bensì uno squisitamente ideologico.
A prima vista si tratta di un titolo che potrebbe essere superficialmente
interpretato come “buonista”, com’è nella migliore tradizione piddina. Tuttavia,
crediamo, a nessuno potrà sfuggire il retrogusto logico di questo apparente buonismo: se la scuola “buona”
fa crescere il Paese, chi è contro questa “riforma” è, invece, fautore di una
scuola cattiva e, quindi, in realtà vuole porsi come ostacolo alla crescita del
Paese (non a caso siamo in recessione, e qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato
a pensare che sia tutta colpa della scuola)! Ma la cosa più stupefacente, che
nelle intenzioni dovrebbe spiegare il motivo del titolo, viene dalle prime
parole dell’Introduzione. Perché all’Italia serve la scuola “buona”? Perché -
questa è la risposta - essa deve essere capace di “sviluppare nei ragazzi la curiosità per il mondo e il
pensiero critico. Che stimoli la loro creatività e li incoraggi a fare cose con
le proprie mani nell’era digitale”! Quindi,
l’assunto di partenza, per il quale si rende necessaria la riforma, è che la
scuola cattiva sinora non è stata in
grado di stimolare la curiosità dei ragazzi e lo sviluppo del pensiero critico!
Evidentemente Renzi, e lo staff del MIUR che ha redatto questo documento, ha in
mente la scuola dell’epoca di De Amicis, o quella del libro e moschetto, e quindi la soluzione del problema va
ricercata nella capacità di iniettare nel corpo docente, cioè in corpore vili, quella giusta dose di
spirito di iniziativa, di avventura e di sacrificio che sono propri del mondo
scoutistico! E vogliamo parlare del “fare cose con le proprie mani nell’era
digitale”? A parte la sensazione piuttosto consistente, e comunque sgradevole,
di una palese contraddizione logica che questa infelice espressione evidenzia,
ma, la domanda reale è: sinora chi ha impedito alla scuola italiana di entrare
nell’era digitale? I “cattivi maestri” o i Governi che negli ultimi anni hanno
badato soltanto a tagliare a mani basse le risorse ad essa destinate? Infine,
la domanda delle domande! Perché il Paese ha bisogno di questa riforma?
Perché essa si propone di “dare al Paese una Buona Scuola
dotandola di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità
della democrazia”! Vediamo più da vicino questo “meccanismo”!
Cap.
2 Le nuove
opportunità per
tutti i docenti: formazione e carriera
nella buona scuola
Al
centro del progetto renziano troviamo la necessità di dare impulso alla
“qualità” del docente, i quali dovranno essere “valutati e responsabilizzati
pubblicamente”, e dai quali “ci si aspetta che non insegnino solo un
sapere codificato (più facile da trasmettere e valutare), ma modi di
pensare (creatività, pensiero critico,
problem-solving, ecc.)”. A tal fine verrà creato “un gruppo di lavoro
dedicato e composto da esperti del settore [che] lavorerà per un periodo di
tre mesi per formulare il quadro italiano di competenze dei docenti nei
diversi stadi della loro carriera”!
Come si opererà concretamente per realizzare
questo tipo di competenze, delle quali sino ad ora la scuola italiana era
evidentemente a digiuno?
“I docenti devono essere i primi a potersi giovare
di una formazione costante”, che non sia di ostacolo alla continuità didattica
come sinora avvenuto”! Pur non riuscendo a comprendere come, sino ad ora, la formazione
sia stata di ostacolo alla didattica, facciamo finta di nulla e chiediamoci: di
che cosa si “gioveranno” i docenti? “Al docente va
offerta l’opportunità di continuare a
riflettere in maniera sistematica sulle pratiche didattiche; di intraprendere
ricerche; di valutare l’efficacia delle pratiche educative e se necessario
modificarle; di valutare le proprie esigenze in materia di formazione; di
lavorare in stretta collaborazione con i colleghi, i genitori, il territorio”.
Ammesso
e non concesso che, sino ad ora, i docenti non abbiano mai fatto riflessioni di
questo tipo, tutti concentrati com’erano sugli scatti automatici di carriera,
la domanda che a questo punto si impone è la seguente: ma è proprio vero che i
docenti si “gioveranno” di questa nuova “opportunità” che viene loro così
generosamente “offerta”? La risposta, inopinata, giunge immediatamente: “Per
fare questo, bisogna rendere realmente obbligatoria la formazione, e
disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per
l’aggiornamento e da legare alle possibilità di carriera e alla possibilità di
conferimento di incarichi aggiuntivi”. Ora, anche coloro che si occupano con tenacia
e costanza di problem solving devono
riuscire a spiegare come si riesca ad “offrire una opportunità”, da un lato, e
renderla, dall’altro, obbligatoria
per la progressione di carriera! Chiaramente ciascuno di noi è anche libero di rifiutare un'offerta così generosa, ma lo scotto da pagare sarà quello di rinunciare a
un’altra opportunità: quella della progressione economica per anzianità di
servizio! D’altro canto perché accanirsi nel ricercare una progressione
economica, se gli stipendi sono quelli pubblicati a p. 49 del documento
buonista? Quella che segue è infatti la tabella dei nostri emolumenti, secondo la visione renziana, davvero idilliaca, del mondo della scuola:
Ci
chiediamo da dove Renzi, la Giannini o chi per loro abbiano ricavato una simile
tabella?! Dal paese di Bengodi? Dall’ARAN tedesco o da quello inglese? Per
quello che ne sappiamo i nostri compensi, fermi all’ultimo contratto stipulato
nel 2009, sono invece i seguenti (N.B.: ad essi dovrà essere aggiunta la 13^
mensilità):
Due
soli esempi per capire l’abisso esistente tra queste due tabelle. Prendiamo la
posizione del docente laureato di scuola sec. di II°, con
anzianità
da 0 a 2 anni: tabella buonista: prenderebbe
34.400 euro;
tabella Aran: prende, in realtà, 20.973 euro! con
anzianità
da 35 a…….: tabella buonista: prenderebbe
53.985 euro;
tabella Aran: prende, in realtà, 32.912 euro!
Anche
volendo aggiungere alle cifre del contratto reale (ARAN) la 13^ mensilità, si
comprende bene l’abisso esistente tra realtà e fantasia buonista renziana! Ed è così per ogni scaglione o
tipologia di lavoratore della scuola!
A
quale scopo divulgare una simile, plateale menzogna?
Ma
facciamo un passo avanti e chiediamoci per quale motivo dovremmo aderire alle
nuove opportunità di carriera offerteci? Come dice il documento, intanto
dovremo cogliere quest’attimo fuggente al fine di uscire dal “grigiore dei
trattamenti indifferenziati”, che ci hanno obbligato sinora ad “accontentarci delle prospettive di carriere
fondate sul mero dato dell’anzianità”.
Queste
parole potranno indurre qualcuno a credere che d’ora in avanti l’anzianità di
servizio perderà la centralità che ha
avuto sinora nella progressione stipendiale, per acquisire uno status subordinato rispetto al nuovo meccanismo di progressione che
si intende introdurre, per affiancarlo. SBAGLIATO! La progressione per anzianità verrà semplicemente
ABOLITA! NON ESISTERÀ PIÙ!
Essa sarà sostituita erga omnes da un nuovo
meccanismo, che definire perverso è
dir poco! Esso, infatti, si fonderà su dei crediti, che vengono così delineati:
Come
si può facilmente intuire, da queste nuove disposizioni non solo sparisce
l’anzianità di servizio, ma, di conseguenza, anche il lavoro che si svolge all’interno delle classi: un docente appena
assunto e uno con 30 anni di servizio alle spalle sono, come ogni buonista sa,
perfettamente identici, perché in realtà sono trascorsi, come insegna la
relatività einsteniana col “paradosso dei gemelli”, 30 anni di vuoto assoluto!
In
compenso, che cosa verrà premiato? In primo luogo la “qualità didattica”, che
però il documento si guarda bene dal definire, nonché di spiegare come essa
potrà mai essere “certificata” e, ovviamente, anche dall’opportunità di cogliere l’obbligatorietà
della formazione “in servizio”; infine, entrano nella lista anche i crediti
“PROFESSIONALI”: una definizione accattivante, astutamente utilizzata per
definire tutte quelle attività che non hanno proprio nulla a che fare con la
didattica reale e che, quindi, non hanno, in realtà, alcun carattere professionalizzante!
Veniamo all’ultima questione. A
che cosa servirà accumulare questi crediti? Come abbiamo già detto essi
costituiranno l’unica condizione indispensabile per accedere alla progressione
economica! Come infatti viene specificato: “Periodicamente,
ogni 3 anni, due terzi (66%) di tutti i docenti di ogni scuola (o rete di
scuole) avranno diritto ad uno scatto di retribuzione. Si tratterà del
66% di quei docenti della singola scuola (o della singola rete di scuole) che
avranno maturato più crediti nel triennio precedente”!
Quindi,
se è vero che, secondo le nuove disposizione, si potrà accedere agli aumenti
soltanto grazie all’accumulo di “crediti”, ciò però non sarà comunque vero per
tutti, ma solo per il 66% del
corpo docente! Ma con quale meccanismo? Con quello che il documento definisce
ipocritamente un “incentivo sano” (p. 58). Il 66% degli aventi diritto sarà
infatti costituito – rileggiamo – da coloro “che
avranno maturato più crediti nel triennio precedente”! In altre parole,
“l’incentivo sano” sarà una guerra di tutti contro tutti fra chi accumula più
crediti degli altri!! Ma perché tale
incentivo riguarderà “solo” il 66% del totale? Lo spiega lo stesso documento
con un candore che fa quasi dimenticare la spudoratezza dell’ammissione: “Le risorse utilizzate per gli scatti di competenza saranno
complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distribuite
però in modo differente secondo un sistema che premia l’impegno e le
competenze dei docenti. Ciò consente all’operazione di non determinare
oneri aggiuntivi a carico dello Stato”!!!
Infatti,
dal 2015 saranno totalmente aboliti gli scatti di anzianità automatici, e la
nuova normativa premiale entrerà in vigore solo nel 2018!
Quindi,
in mancanza di aumenti contrattuali (appena ribadita dal Min. Madia per la P.A.),
senza scatti di anzianità, il 66% di volenterosi che si assoggetteranno docilmente o
meno al nuovo meccanismo premiale, dovranno comunque attendere il 2018 per
vedere i primi 60 eurini in saccoccia, maturati non solo grazie ai punti
accumulati, facendo le scarpe agli altri, ma soprattutto grazie ai risparmi di spesa che lo Stato avrà nel
frattempo accumulato ai danni di tutto
il comparto scuola!
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