venerdì 5 settembre 2014

La buona scuola di Renzy's

Una prima riflessione sul titolo: “La buona scuola – Facciamo crescere il Paese”.
Per iniziare, non possiamo far a meno di notare quanto sia singolare il fatto che la proposta di “riforma” della scuola partorita dall’attuale Governo, porti un titolo non burocratico, bensì uno squisitamente ideologico. A prima vista si tratta di un titolo che potrebbe essere superficialmente interpretato come “buonista”, com’è nella migliore tradizione piddina. Tuttavia, crediamo, a nessuno potrà sfuggire il retrogusto logico di questo apparente buonismo: se la scuola “buona” fa crescere il Paese, chi è contro questa “riforma” è, invece, fautore di una scuola cattiva e, quindi, in realtà vuole porsi come ostacolo alla crescita del Paese (non a caso siamo in recessione, e qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a pensare che sia tutta colpa della scuola)! Ma la cosa più stupefacente, che nelle intenzioni dovrebbe spiegare il motivo del titolo, viene dalle prime parole dell’Introduzione. Perché all’Italia serve la scuola “buona”? Perché - questa è la risposta - essa deve essere capace di “sviluppare nei ragazzi la curiosità per il mondo e il pensiero critico. Che stimoli la loro creatività e li incoraggi a fare cose con le proprie mani nell’era digitale”! Quindi, l’assunto di partenza, per il quale si rende necessaria la riforma, è che la scuola cattiva sinora non è stata in grado di stimolare la curiosità dei ragazzi e lo sviluppo del pensiero critico! Evidentemente Renzi, e lo staff del MIUR che ha redatto questo documento, ha in mente la scuola dell’epoca di De Amicis, o quella del libro e moschetto, e quindi la soluzione del problema va ricercata nella capacità di iniettare nel corpo docente, cioè in corpore vili, quella giusta dose di spirito di iniziativa, di avventura e di sacrificio che sono propri del mondo scoutistico! E vogliamo parlare del “fare cose con le proprie mani nell’era digitale”? A parte la sensazione piuttosto consistente, e comunque sgradevole, di una palese contraddizione logica che questa infelice espressione evidenzia, ma, la domanda reale è: sinora chi ha impedito alla scuola italiana di entrare nell’era digitale? I “cattivi maestri” o i Governi che negli ultimi anni hanno badato soltanto a tagliare a mani basse le risorse ad essa destinate? Infine, la domanda delle domande! Perché il Paese ha bisogno di questa riforma? Perché essa si propone di “dare al Paese una Buona Scuola dotandola di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qua­lità della democrazia”! Vediamo più da vicino questo “meccanismo”!
Cap. 2 Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola
Al centro del progetto renziano troviamo la necessità di dare impulso alla “qualità” del docente, i quali dovranno essere “valutati e responsabilizzati pubblicamente”, e dai quali “ci si aspetta che non insegnino solo un sapere co­dificato (più facile da trasmet­tere e valutare), ma modi di pensare (creatività, pensiero critico, problem-solving, ecc.)”. A tal fine verrà creato “un gruppo di lavoro dedicato e composto da esperti del settore [che] lavorerà per un pe­riodo di tre mesi per formulare il quadro italiano di compe­tenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera”!
 Come si opererà concretamente per realizzare questo tipo di competenze, delle quali sino ad ora la scuola italiana era evidentemente a digiuno?
“I docenti devono essere i pri­mi a potersi giovare di una formazione costante”, che non sia di ostacolo alla continuità didattica come sinora avvenuto”! Pur non riuscendo a comprendere come, sino ad ora, la formazione sia stata di ostacolo alla didattica, facciamo finta di nulla e chiediamoci: di che cosa si “gioveranno” i docenti? “Al docente va offerta l’opportunità di continuare a riflettere in maniera sistema­tica sulle pratiche didattiche; di intraprendere ricerche; di valutare l’efficacia delle prati­che educative e se necessario modificarle; di valutare le pro­prie esigenze in materia di for­mazione; di lavorare in stretta collaborazione con i colleghi, i genitori, il territorio”.
Ammesso e non concesso che, sino ad ora, i docenti non abbiano mai fatto riflessioni di questo tipo, tutti concentrati com’erano sugli scatti automatici di carriera, la domanda che a questo punto si impone è la seguente: ma è proprio vero che i docenti si “gioveranno” di questa nuova “opportunità” che viene loro così generosamente “offerta”? La risposta, inopinata, giunge immediatamente: “Per fare questo, bisogna ren­dere realmente obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da lega­re alle possibilità di carriera e alla possibilità di conferimen­to di incarichi aggiuntivi”. Ora, anche coloro che si occupano con tenacia e costanza di problem solving devono riuscire a spiegare come si riesca ad “offrire una opportunità”, da un lato, e renderla, dall’altro, obbligatoria per la progressione di carriera! Chiaramente ciascuno di noi è anche libero di rifiutare un'offerta così generosa, ma lo scotto da pagare sarà quello di rinunciare a un’altra opportunità: quella della progressione economica per anzianità di servizio! D’altro canto perché accanirsi nel ricercare una progressione economica, se gli stipendi sono quelli pubblicati a p. 49 del documento buonista? Quella che segue è infatti la tabella dei nostri emolumenti, secondo la visione renziana, davvero idilliaca, del mondo della scuola:



Ci chiediamo da dove Renzi, la Giannini o chi per loro abbiano ricavato una simile tabella?! Dal paese di Bengodi? Dall’ARAN tedesco o da quello inglese? Per quello che ne sappiamo i nostri compensi, fermi all’ultimo contratto stipulato nel 2009, sono invece i seguenti (N.B.: ad essi dovrà essere aggiunta la 13^ mensilità):


Due soli esempi per capire l’abisso esistente tra queste due tabelle. Prendiamo la posizione del docente laureato di scuola sec. di II°, con
anzianità da 0 a 2 anni: tabella buonista: prenderebbe 34.400 euro;
   tabella Aran: prende, in realtà, 20.973 euro! con
anzianità da 35 a…….: tabella buonista: prenderebbe 53.985 euro;
   tabella Aran: prende, in realtà, 32.912 euro!
Anche volendo aggiungere alle cifre del contratto reale (ARAN) la 13^ mensilità, si comprende bene l’abisso esistente tra realtà e fantasia buonista renziana! Ed è così per ogni scaglione o tipologia di lavoratore della scuola!
A quale scopo divulgare una simile, plateale menzogna?

Ma facciamo un passo avanti e chiediamoci per quale motivo dovremmo aderire alle nuove opportunità di carriera offerteci? Come dice il documento, intanto dovremo cogliere quest’attimo fuggente al fine di uscire dal “grigiore dei trattamenti indifferenziati”, che ci hanno obbligato sinora ad “accontentarci delle prospet­tive di carriere fondate sul mero dato dell’anzianità”.
            Queste parole potranno indurre qualcuno a credere che d’ora in avanti l’anzianità di servizio perderà la centralità che ha avuto sinora nella progressione stipendiale, per acquisire uno status subordinato rispetto al nuovo meccanismo di progressione che si intende introdurre, per affiancarlo. SBAGLIATO! La progressione per anzianità verrà semplicemente ABOLITA! NON ESISTERÀ PIÙ!
Essa sarà sostituita erga omnes da un nuovo meccanismo, che definire perverso è dir poco! Esso, infatti, si fonderà su dei crediti, che vengono così delineati:

 

 
Come si può facilmente intuire, da queste nuove disposizioni non solo sparisce l’anzianità di servizio, ma, di conseguenza, anche il lavoro che si svolge all’interno delle classi: un docente appena assunto e uno con 30 anni di servizio alle spalle sono, come ogni buonista sa, perfettamente identici, perché in realtà sono trascorsi, come insegna la relatività einsteniana col “paradosso dei gemelli”, 30 anni di vuoto assoluto!
In compenso, che cosa verrà premiato? In primo luogo la “qualità didattica”, che però il documento si guarda bene dal definire, nonché di spiegare come essa potrà mai essere “certificata” e, ovviamente, anche dall’opportunità di cogliere l’obbligatorietà della formazione “in servizio”; infine, entrano nella lista anche i crediti “PROFESSIONALI”: una definizione accattivante, astutamente utilizzata per definire tutte quelle attività che non hanno proprio nulla a che fare con la didattica reale e che, quindi, non hanno, in realtà, alcun carattere professionalizzante!

Veniamo all’ultima questione. A che cosa servirà accumulare questi crediti? Come abbiamo già detto essi costituiranno l’unica condizione indispensabile per accedere alla progressione economica! Come infatti viene specificato: “Periodicamente, ogni 3 anni, due terzi (66%) di tutti i do­centi di ogni scuola (o rete di scuole) avranno diritto ad uno scatto di retribuzione. Si tratterà del 66% di quei docenti della singola scuola (o della singola rete di scuo­le) che avranno maturato più crediti nel triennio pre­cedente”!
            Quindi, se è vero che, secondo le nuove disposizione, si potrà accedere agli aumenti soltanto grazie all’accumulo di “crediti”, ciò però non sarà comunque vero per tutti, ma solo per il 66% del corpo docente! Ma con quale meccanismo? Con quello che il documento definisce ipocritamente un “incentivo sano” (p. 58). Il 66% degli aventi diritto sarà infatti costituito – rileggiamo – da coloro “che avranno maturato più crediti nel triennio pre­cedente”! In altre parole, “l’incentivo sano” sarà una guerra di tutti contro tutti fra chi accumula più crediti degli altri!! Ma perché  tale incentivo riguarderà “solo” il 66% del totale? Lo spiega lo stesso documento con un candore che fa quasi dimenticare la spudoratezza dell’ammissione: “Le risorse utilizzate per gli scatti di competenza sa­ranno complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distri­buite però in modo diffe­rente secondo un sistema che premia l’impegno e le competenze dei docenti. Ciò consente all’operazione di non determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato”!!!
Infatti, dal 2015 saranno totalmente aboliti gli scatti di anzianità automatici, e la nuova normativa premiale entrerà in vigore solo nel 2018!

Quindi, in mancanza di aumenti contrattuali (appena ribadita dal Min. Madia per la P.A.), senza scatti di anzianità, il 66% di volenterosi che si assoggetteranno docilmente o meno al nuovo meccanismo premiale, dovranno comunque attendere il 2018 per vedere i primi 60 eurini in saccoccia, maturati non solo grazie ai punti accumulati, facendo le scarpe agli altri, ma soprattutto grazie ai risparmi di spesa che lo Stato avrà nel frattempo accumulato ai danni di tutto il comparto scuola!

Nessun commento:

Posta un commento