domenica 18 gennaio 2015

VENDOLA SU TARANTO & ILVA: “Questo matrimonio s’ha da fare”!

Nei giorni scorsi il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, è stato convocato in audizione dalla Commissione Industria al Senato nell'ambito dell’esame del decreto Ilva, l’ennesimo varato dal Governo Renzi. La prolusione di Vendola è stata degna della sua proverbiale prosa: “Se dovesse chiudere l’Ilva dubito che potremmo essere di fronte alla possibilità di dibattere del futuro di Taranto: oggi si può avere un’acciaieria sostenibile. La chiusura dell’Ilva sarebbe un colpo al sistema industriale nazionale”. Una prosa accattivante, che proviamo a tradurre in maniera più stringata: senza Ilva Taranto morirebbe; l’Ilva può diventare eco-compatibile; la chiusura dell’Ilva manderebbe a gambe all'aria l’industria nazionale! Tre affermazioni fatte – suppongo - in ordine decrescente di importanza; purtroppo si tratta di tre affermazioni, di cui almeno due sono false, fatte al solo scopo di nascondere l’unico punto che davvero interessa: difendere a ogni costo l’economia nazionale!

Sia chiaro, lo stesso Governatore pugliese non ha mancato di sottolineare le debolezze dell’ultimo decreto ammazza-Taranto partorito dalle menti eccelse del Governo del rottamatore, pur di scongiurare, quasi fuori tempo massimo, la rottamazione dello stabilimento. Infatti Vendola chiede in primo luogo di cassare la norma che considera sufficiente l’attuazione dell’80% delle prescrizioni AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) in materia di risanamento dello stabilimento. Tuttavia il Governatore dimentica di aggiungere che quell’80%, ora concesso, non riguarda l’intero pacchetto di prescrizioni, bensì soltanto quelle che andranno in scadenza al 31 luglio del 2015, che, all'interno dell’originario piano dell’AIA, rappresentano in realtà ben poca cosa! Tanto che lo stesso Vendola continua:  "Ci chiediamo perché proprio l’80%? Siamo di fronte a una nuova proroga?". NO, caro Vendola, siamo di fronte a una cancellazione sostanziale del piano originario! Infatti, lo stesso Vendola sembra avere sentore della presa per i fondelli rappresentato da questo ennesimo decreto e continua: “Parliamo di interventi indispensabili, come per esempio quelli sui parchi minerali, per la data che va dal 31 luglio 2015 in poi”! 

In effetti quello del “parco minerali” è uno dei punti più dolenti dell’intera questione ambientale costituita dall’Ilva: non solo perché è quello più vicino alla città (all’ormai tristemente famoso Rione Tamburi), ma proprio perché è uno dei maggiori fattori di inquinamento (anche se purtroppo non certo l’unico!), la cui ambientalizzazione richiede però considerevoli investimenti economici! Ma poiché la prescrizione riguardante i parchi minerari va appunto oltre la data del 31 luglio 2015, essa non solo non rientrerà nel fatidico 80%, venendone di fatto esclusa, ma verrà rimandata sine die, senza cioè più alcun vincolo temporale per la sua effettiva realizzazione! Se a questo si aggiunge la non punibilità penale del commissario di governo; il principio del “silenzio-assenso”, per il quale tutte le amministrazioni locali hanno tempo un mese per proporre le eventuali obiezioni ai piani di riqualificazione; che nulla vien detto circa l’utilizzo delle discariche interne allo stabilimento (già sottoposte a sequestro dalla magistratura tarantina, ma, tanto per cambiare, dissequestrate dal precedente decreto); o, ancora, che non vi è alcuna certezza circa le risorse finanziare effettivamente destinate a tali piani; o, infine, che non è previsto alcun potenziamento dell’organico dell’Arpa regionale, già largamente sottodimensionata, dall'insieme di queste (assai parziali) considerazioni risulta francamente incomprensibile il motivo per il quale Vendola si spinge ad affermare che, purtuttavia, vi sono alcuni aspetti del decreto “che valutiamo positivamente, come l’introduzione del nuovo protagonismo dello Stato”!!!

Alla faccia del protagonismo statale! Che la privatizzazione dell’Ilva, svenduta negli anni ’90 alla famigerata banda di assassini costituita dalla famiglia Riva, sia stata un disastro sotto tutti gli aspetti (economici, ambientali, sanitari, sindacali e politici), non c’è alcun dubbio! Ma che la riacquisizione in mani pubbliche, con i soldi del contribuente, e alle condizioni or ora menzionate, possa essere considerata un “positivo protagonismo dello Statoha il sapore di una vera e propria beffa! È una affermazione che soltanto uno che mente, sapendo di mentire, può azzardarsi a fare! È una chiara presa per i fondelli che ha l’aggravante di nascondere, imbellettandola, la presa per i fondelli già costituita dall'ultimo decreto-Ilva del Governo! In altre parole, è una presa per i fondelli elevata al quadrato!
Ma ci sono almeno altre due considerazioni che è necessario fare per completare questo quadro demenziale!
L’affermazione iniziale di Vendola, secondo la quale lo stabilimento dell’Ilva potrà diventare eco-compatibile, non solo è un’affermazione priva di fondamento, ma è già stata provata come falsa! E non da qualche ambientalista arrabbiato dell’ultima ora, bensì dallo studio “Sentieri” dello stesso Ministero della Salute. Da questo studio si evince che anche qualora venissero attuate, nei tempi originariamente previsti, tutte le prescrizioni AIA (che l’ultimo decreto, invece, praticamente cancella o indebolisce), l’impatto di alcuni inquinanti si ridurrebbe, altri rimarrebbero pressoché inalterati; altri, invece, addirittura aumenterebbero! In ogni caso rimarrebbe un danno sanitario residuale che coinvolgerebbe una popolazione stimata intorno alle 12.000 unità! Vi sembra un danno accettabile? Tale da legittimare l’affermazione circa l’eco-sostenibilità dell’Ilva risanata a spese dello Stato (cioè con i soldi dei soliti noti)? L’unica certezza che abbiamo a tale riguardo è che, di fronte a tali numeri, la Procura della Repubblica di Taranto sarà costretta a sequestrare nuovamente gli impianti Ilva, con buona pace per il “rinnovato protagonismo dello Stato” vendoliano!
E veniamo all’ultimo punto del problema sollevato dall'intervento di Vendola: perché tanto entusiasmo per il presunto “rinnovato protagonismo" statale? E’ evidente che questa fede cieca è un rigurgito di quello statalismo picciota che si trova nel DNA ideologico di Vendola. Una delle caratteristiche ideologiche che più di ogni altra ha caratterizzato il P.C.I. del bel tempo che fu, è stata infatti quella di una fiducia pressoché illimitata nei confronti dell’interventismo statale in economia, quasi fosse un preludio (per i militanti in buona fede, s'intende!) per la realizzazione del comunismo (che prevede infatti la completa socializzazione del mezzi di produzione)!
Peccato che, all'epocaall'interno del PCI nessuno si chiedesse, o forse alcuni omettevano volutamente di chiedersi, che tipo di “Stato” procedeva a quelle nazionalizzazioni? Se si trattasse di uno Stato borghese (come di fatto era) piuttosto che uno Stato proletariato (ancora ben al di là da venire)! Con un criterio così ideologicamente equivoco, in quanto creatore dell’IRI, lo stesso Mussolini avrebbe avuto ben diritto a comparire in effige al fianco di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao Tse-tung. E che dire di Moro, La Pira, Fanfani o Mattei? Non scherziamo! Non diciamo idiozie! 
Il rinnovato statalismo vendoliano, erede più che legittimo di quello picciota di un tempo, non è altro che una sanzione ideologica, nemmeno tanto ben mascherata, che vuole plaudire piuttosto all'interventismo renziano finto-rottamatore! Si tratta, in altre parole, di una confezione scintillante che serve ad attirare gli ingenui e i dubbiosi; uno specchietto per le allodole che serve peraltro a dare legittimità a un altro principio supremo, strettamente connesso a questo, di cui parlavamo all'inizio: l’interesse nazionale!

Ma di quale interesse stiamo parlando? Degli interessi dei cittadini a non vedersi sfruttati, a poter vivere una vita degna e libera dall'incubo del bisogno e della malattia, a non dover essere costretti a scegliere tra lavoro o morte, o dell’interesse dei soliti padroni del vapore? È ammissibile che un individuo che proviene da una ideologia cosiddetta “comunista” possa confondere le due cose, mistificandole così spudoratamente? Certo, “l’interesse nazionale” esige che Taranto continui a produrre acciaio, magari un po’ più “pulito” del solito, senza stare tanto a sottilizzare sul numero di morti che comunque continuerà a portarsi dietro! Perché l’interesse nazionale esige questo e altro! L’interesse nazionale non ha alcun interesse a immaginare una Taranto diversa, che possa vivere senza l’Ilva e il suo acciaio (come pure senza la Marina Militare e le sue navi da guerra, non meno inquinanti di quella)! Se non vuole farlo, perisca pure come Bagnoli! Al massimo ai cittadini di Taranto l'interesse nazionale tributerà il riconoscimento estremo di una medaglia alla memoria per aver servito, con sprezzo del pericolo, gli interessi della Patria di Vendola & C.!

6 commenti:

  1. Vorrei sapere a cosa porterebbe il vostro massimalismo parolaio e ambientalista, a chiudere l'ILVA? Ma bravi, andatelo a spiegare alle oltre 20000 famiglie che vivono grazie ad essa.
    Finchè rimarrete legati al vostro ideologismo massimalista, parolaio e giustizialista i vari Berlusconi, Renzi e Salvini dormiranno sonni tranquilli

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  2. Quale sarebbe poi l'alternativa economica all'ILVA?
    Magari la cosiddetta "Green Economy" che a Taranto guarda caso è già fallita da tempo: vedi le macerie lasciate dal polo eolico e fotovoltaico.

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  3. Caro Anonimo, evidentemente la tua scelta di campo è chiara: tu proponi la morte (anche quella degli operai) piuttosto che la vita: vai a chiedere a tutte le famiglie di Taranto e prov. che cosa vogliono...

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    1. le famiglie di taranto hanno già espresso il loro parere con un referendum consultivo. Anche loro propongono la morte di qualcuno? non vi pare di essere un pò demagoghi? e poi di cosa dovrebbero vivere quelli che sono per la vita: di aria fritta?

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  4. http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepage/vendola-se-chiude-l-ilva-niente-futuro-per-taranto-no784407
    http://www.vorrei.org/culture/10727-l-ilva-e-il-ricatto-dell-occupazione-giuliano-pavone-e-i-venditori-di-fumo.html

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